1995

2 marzo 2014 / CENNI CRITICI /

Il colore dell’ombra
Chiostro di S.Agostino Sala dei Putti,
Pietrasanta (LU)

7cop-1 R BOSSAGLIA“…Per aver meditato sulla lezione concettuale, Spagnulo compie un’operazione in certa misura inversa rispetto a quella dei suoi predecessori storici, badando a spiritualizzare sempre più la materia, e a sublimarla in un’immagine incorporea. Utilizza supporti e strumenti eterogenei per le sue composizioni, dalla carta al legno, dalla graffite allo smalto, e così via, con il quasi costante intervento del fuoco, cioè di bruciacchiature, che par quasi una purificazione simbolica. Il risultato è tuttavia di una grande coerenza compositiva ed espressiva, i materiali si fondono come se fossero pensati, non concreti, come se si facessero pitture sottili; ed è risultato che ben corrisponde, nella vibrata contenutezza degli effetti, ai titoli apposti alle opere, segnali delle intenzioni dell’artista; i titoli fanno appello a memorie arcaiche – l’arte come traccia minima, ma altamente significativa della presenza della creatività – e al silenzioso emergere di forme, vive per la loro logica liguistica, dall’indistinto materico. V.Spagnulo opera con rigore sul lieve discrimine che separa la forma dall’informe, il colore dall’ombra cogliendo i primi acceni di un alitare di vita con grande padronanza del mestiere e insieme una tensione metaforicamente tutta mentale. Quasi una filosofia “per penicilla”.”

R.Bossaglia


1994

2 marzo 2014 / CENNI CRITICI /

La pittura come scandaglio dell’anima
Galleria la Meridiana, Agrate Brianza (MI)

6cop-1 L CAVADINI“…Nel lavoro di V.Spagnulo una attenta lettura porta subito oltre la scorza esteriore, rinviando il fruitore a considerazioni estetiche in cui i materiali diventano momenti della composizione, alla stregua del colore e con il colore si integrano e si “confrontano”.
Eccoci allora ad affrontare il lavoro proposto in questa mostra, che è esemplare della ricerca degli ultimi due anni…… Due sono le caratteristiche da evidenziare: in primo luogo il definirsi di un “disegno” – che non appare ma è sotteso a tutta la composizione – di grande rigore e poi il bisogno di lavorare sull’opera in approfondimento (con lo scavo quindi dentro essa) o in emergenza (con l’applicazione di forme-materiali che la rilevino e la immettano nello spazio). E’ allora di immediata percezione una presenza spaziale ben definita, ma leggera, che non è mai incombente o aggressiva. Il “disegno” ha una forte caratterizzazione che si sente nelle linee che individuano una frammen-tazione della superficie di base e strutturano le forme. Sono forme che non concedono nulla alla descrittività, ma risultano intense ad eloquenti nella loro stringente presenza, sia quando sono esito pittorico, sia quando sono definite da applicazioni di materiali metallici, sia quando ancora sono “scavate” nel legno di supporto. Il dialogo che si instaura tra queste forme, diverse nella loro consistenza e diversamente equilibrate dentro l’opera, è in grado di sollecitare reazioni e sensazioni, rispondenti a interne vibrazioni e a interni rimandi. L’immersione nello spazio, voluta e insistita, attiva ulteriori rinforzi espressivi che derivano dalle modificazioni portate dalla luce e dalla sua diversa incidenza sulle opere. E’ ben superata, sia nella costruzione che nella connotazione finale, la fase di pura pittura (o di pittura che si avvale del collage di materiali) per una integrazione di fatto delle varie presenze in una unità espressiva sicuramente valida….”

L.Cavadini


1992

2 marzo 2014 / CENNI CRITICI /

A.Reggianini, V. Spagnulo
Centro Culturale Edison
Galleria delle Colonne, Parma

DEI MATERIALI ELETTI
5cop-1 A VECA“… Dall’osservazione dei lavori nel loro complesso mi sembra plausibile una lettura sintetica dell’opera come un “campo di relazioni” dove presenze diverse, per forma e per origine, entrano in contatto corrispondendo secondo la logica di un ”equilibrio” in tensione. Si evidenzia allora un ordine compositivo che predilige l’asimmetria dell’impianto o, quando questa viene contradetta dalla presenza di un “luogo” centrale prevalente, l’eterogeneità degli interventi. Un gioco per “differenze” allora, che privilegia la fisionomia delle singole componenti…..
L’importanza accordata agli aspetti strettamente operativi credo sia uno dei segnali più interessanti del lavoro: non si tratta di abilità tecnica nel manipolare i materiali – evidentemente necessaria per l’essenzialità costruttiva dell’opera, per come cioé Spagnulo intende portare a compimento il pezzo trattato – quanto del mettere in videnza per ciascuna componente la sua reazione all’intento manipolatorio. E l’attenzione alla natura e alla qualità dell’operare direttamente fisicamente lasciando scoperto l’intervento, evitando cioè di camuffare o abbassarne gli esiti all’opposto evidenziandoli, costituisce un frangente non occasionale di una necessità di rapporto diretto di conoscenza tattile delle “cose” altrimenti negata o contradetta dal dominio del visivo o di un bagaglio artificiale delle “cose” che ci circondano tendenzialmente estraneo o illusorio rispetto ai sensi. Non a caso i materiali eletti dal legno alla carta, al rame, al piombo, appartengono a una generazione precedente rispetto a quelli con cui oggi siamo in contatto: ma la loro frequenza non è scelta di nostalgia quanto invece dettata dalla loro “fotogenia” rispetto alla manipolazione, diretta o indiretta.…”

A.Veca


1992

2 marzo 2014 / CENNI CRITICI /

Tracce
Galleria San Fedele, Milano

4cop-1 M N VARGASULLE “TRACCE” DI VALDI SPAGNULO
“… Per esempio, sulle “tracce” di V.Spagnulo c’è materia siner-getica: conflitto di tensioni convertite dagli eventi al farsi delle immagini; coscienza e memoria dell’ ”essere nella ricerca” alla ri-flessione della materia nella pittura. Un’esperienza, la sua, che riflette o rinnova la sintesi binaria arte-vita, di estrazione “romantica” se vogliamo, per lasciarsi decantare sulle proprie “tracce” in un cortocircuito di emozioni amalgamate nello spazio disponibile a ricevere dalla materia e dai materiali le istruzioni per l’uso pittorico: in funzione del “racconto”. E perire per raccontare tutto ciò che ri-produce il “senso” (non il significato) della realtà. Curiosamente, dopo la laurea in architettura, V.Spagnulo ha rigettato, l’ordine costruttivo delle cose per contaminarsi, quasi osse un’abluzione liberatoria, nel magma polimaterico della pittura; però con la consapevolenza di ricevere dalla materia e dai materiali più eterogenei quanto avrebbe voluto (e saputo in seguito) restituire alla revisione dei “testi” (o dei pre-testi) formali e immaginativi. Così, ora, l’architetto si autodistrugge per ricostruirsi nel pittore, attraverso gli Spazi della materia (1990) decantati sulle Tracce della materia (1990). Pertanto nell’ultimo biennio il pittore (memore del’architetto… rimosso) viene deliando la propria visione poetica in un’equilibrata ripartizione delle “tracce” nell’ambito di “spazi” compositivamente meglio orchestrati. …”

M.N.Varga


1991

2 marzo 2014 / CENNI CRITICI /

Percorsi della materia
Biblioteca Comunale, S. Donato Milanese (MI)

3cop-1 M DE STASIO“…Il lavoro di V.Spagnulo è una sorta di tela di Penelope dove continuamente si disfa per rifare, si disgrega per ricostruire, si lacera per ricomporre, si cercano insomma nuove unità, nuovi equilibri sempre difficili e temporanei. Le forme, che pure tendono alla geometria, sono segnate al loro interno da lacerazioni, le geometrie vengono recuperate con fatica attraverso la ricomposizione di forme dai contorni irregolari.
Sullo spazio del supporto, le forme – dipinte o sovrapposte a collage – si pongono distanziate, lontane tra loro, ma c’è poi sempre un segno, un intervento che le ricollega, le pone in relazione, che, come un ago, trafigge per ricucire, per rimediare ad una separazione, che si tratti di un tessuto strappato o di una ferita aperta. Ma non sta qui la sola contrapposizione, la sola armonia di contrasti che è operante nel lavoro di Spagnulo, non meno importante è il mettere in rapporto materiali brutali, grezzi, poveri con momenti di pittura elegante, a volte addirittura preziosa. Colori raffinati, azzurri, grigi, colori d’acqua o d’aria, luci filtrate dalle nuvole, ma anche interventi aggressivi di rossi accesi, che attraversano quasi con violenza la composizione, che smentiscono la discrezione, la misura delle armonie di toni sottovoce con la forza di un gesto e di un grido. Giustamente la critica ha sottolineato l’importanza della componente architettonica, costruttiva nell’opera di V.Spagnulo; il problema dello spazio è un nodo centrale nel suo lavoro; la sua è pittura, e quindi bidimensionale, ma tende alla tridimensionalità…”

M. De Stasio


1989

2 marzo 2014 / CENNI CRITICI /

Vitalità nell’assenza
Libreria al Castello, Milano

2cop-1 E PONTIGGIA“Da qualche anno l’espressionismo cammina in salita.
Si ritiene – e con ragione – che i tempi inclinino a narrazioni più distaccate, più oggettive e che appunto le ragioni dell’oggetto abbiano sostituito le ragioni del soggetto. Il ripensamento del concettuale, da parte delle ultime generazioni, e soprattutto a Milano, sia pure in forme ludiche e ironiche, è un dato di fatto.
Questo non significa che non sussistano ancora, condotte per strade indipendenti e in questo momento non molto esplorate, ricerche che, rimanendo ancorate alla pittura, fanno i conti con la tradizione espressionista e informale. E’ il caso di Valdi Spagnulo che nelle sue carte presenta forme aggressive, non di rado accuminate, e composizioni in cui ogni volontà architettonica si spezza in una serie di frammenti.
Questo universo di tracce e di lacerti è segnato da una decisa preoccupazione materica: si veda la granulosità insistita delle carte, e l’applicazione di strato su strato, e, a volte, l’inserimento della zigrinatura, che corruga ulteriormente l’andamento già affaticato della superficie.
A medicare questa irritazione dei sostrati, che spesso assumono una fisionomia minerale, come di pietre coperte da licheni, interviene un colore dalle gamme prepotentemente vitali. Un colore non di rado acceso e squillante, che va dai rossi infuocati ai notturni blu. Un colore pieno di vita, appunto.
E credo che sia proprio la vitalità, in tutti i suoi aspetti, il tema sotterraneo, il comun denominatore di questi lavori.”

E.Pontiggia


1988

2 marzo 2014 / CENNI CRITICI /

In presenza dell’assenza
Galleria l’Ariete, Bologna

 

1cop-1 F SOLMI“…Anche V.Spagnulo fa vagare quelli che Domenico Cara ha chiamato “i suoi fantasmi discreti” all’interno di uno spazio dell’immagine che resta fortemente strutturato anche laddove appare investito da una sorta di processo d’interna dissoluzione, da impulsi non tumultuosi ma inquieti e sottilmente laceranti. Eppure al fondo di questo ordine formale al quale l’arte, anche la più espressionisticamente dilatata, non può rinunciare senza perdere la sua specifica “misura”, s’avverte agitarsi un gorgo di sensi e di sentimenti non placati, di tensioni capaci di inquietare la limpidezza dei concetti che V.Spagnulo persegue con la perseveranza, e forse l’impazienza, di chi cerca nell’arte una via privilegiata di comunicazione sociale. Può darsi che nella sua formazione pittorica abbia influito in modo determinante la vocazione e lo studio dell’architettura e ciò spiegherebbe la resistenza che le strutture d’origine astratto-concreta oppongono alla dissoluzione totale dell’immagine e al passaggio di V.Spagnulo fra i tanti educlorati cultori del neoinformalismo postmoderno, levigato e di superficie quanto l’informale era tormentato e sconvolto in profondità. Sono “memorie” materiche, di collisioni e di collusioni immemorabili, quelle che Spagnulo dipinge e in cui fa riaffiorare relitti del presente che ripetono le forme degli schermi d’immagine artificiale, gli oggetti del consumo visivo: ma così alterati, così ridotti allo stato larvale che finiscono per esser partecipi di quello stato d’innocenza primigenia che l’artista riesce a ricreare nelle dimensioni senza vero spazio e senza vero tempo dei suoi dipinti….”

F. Solmi