DALL’OMBRA LA LUCE, incisioni contemporanee
a cura di Claudio Cerritelli,
collettiva con Adalberto Borioli, Italo Bressan, Roberto Casiraghi, Misia De Angelis, Paola Fonticoli, Valeria Manzi, Franco Marrocco, Loredana Muller, Ayako Nakamiya, Alessandro Savelli, Tetsuro Shimizu, Valdi Spagnulo
inaugurazione 11 dicembre ore 18.30,
12 dicembre 2014 – 23 gennaio 2015.
Studio Masiero, Milano
Non sono molti gli artisti che si cimentano con l’arte incisoria. Non è una tecnica usata in tempo di tecnologie avanzate. Nata per creare multipli di opere d’arte da far circolare in epoche dove la comunicazione era lenta e cartacea, viene oggi assediata dalla realtà aumentata del web.
Ovunque si possono recuperare immagini di opere d’arte anche di ottima qualità. E dunque oggi è solo il desiderio – o il bisogno – dell’artista di cimentarsi in una tecnica tanto difficile, che spinge alcuni autori a cercare i pochi laboratori rimasti per incisori ed esprimere sulla lastra il proprio linguaggio.
Fra loro ci sono i “puristi”, coloro che cercano torchio tradizionale, bulino e inchiostro e gli “sperimentatori” che invece si fanno sedurre dalle nuove macchine di stampa. La lastra viene sempre incisa dall’artista, ma gli inchiostri vengono stampati con tecnologia digitale. E dunque acquatinta e acquaforte spesso sono getti digitali di inchiostro.
In questa mostra vengono presentate solo opere di artisti che utilizzano la tecnica tradizionale dell’arte calcografica.
Dodici autori, un allestimento con più di venti incisioni diverse -e molte altre in archivio- tutte opere appartenenti alla categoria dell’astratto, del non figurale, dell’aniconico.
Alcuni Maestri, alcuni giovani, tutti assolutamente appartenenti al mondo della pittura o della scultura, alcuni contaminati dalla poesia scritta, tutti pervasi dalla forma poetica della propria cifra stilistica.
Poesia e lirismo si leggono in tutte queste opere prodotte a regola d’arte, grazie all’incontro delle competenze sui diversi aspetti dell’arte incisoria quali la carta, il torchio e il suo uso, l’inchiostro, la lastra, l’acido, la puntasecca, il bulino, la ceramolle, solo per citarne alcuni, coniugato con la capacità artistica di ognuno.
Rare sono le occasioni espositive dedicate all’incisione, in particolare nelle gallerie private.
E dunque la mostra dall’ombra la luce – metafora che indica il nero dell’inchiostro e il bianco della carta, il processo creativo necessariamente al rovescio e lo svelamento dell’opera solo allo scoprimento del foglio dal torchio- rappresenta un’occasione preziosa per documentare questo tipo di linguaggio, per approfondirne la conoscenza o ancora, per avvicinarlo per la prima volta.
STUDIO MASIERO
via e. villoresi 28 – secondo cortile – 20143 milano
martedì – venerdì 15.00 – 19.00
per altri orari e giorni su appuntamento
+39 3358455470 - info@monicamasiero.it - skype: monicamasiero
Sguardi Sospesi
Palazzo del Broletto, Como
“Questa mostra oscilla tra passato e presente ripercorrendo circa 7 anni di lavoro di Valdi Spagnulo attraverso cicli di opere che trasformano il luogo espositivo in un teatro di percezioni visive e tattili. L’ambiente è attraversato dagli stati pulsionali dei materiali, concatenazioni di opere bilanciate su opposte qualità, dinamismi plastici modulati nella fermezza del metallo e lievi cromatismi depositati nella trasparenza del plexiglas. Valdi sviluppa il suo racconto polisensoriale cercando respiri dilatati, percezioni instabili del vuoto, vibrazioni aeree sospinte oltre i limiti del reale, prossime a quella vastità imponderabile cui aspira lo scultore mentre costruisce e trasforma i materiali scelti con ostinata accuratezza. Lo spettatore ha il compito di entrare nelle soglie abbagliate dal bianco totale e di ammirare le geometrie disseminate nello spazio, dialogando con metamorfosi di forme reversibili e con schermi di immaginarie galassie, fino a captare i mutevoli riverberi che modificano i confini prestabiliti. Nel percorso espositivo le opere si presentano nella dimensione irripetibile di nuove relazioni, partecipano a un’istallazione totale giocata sulle consonanze dei materiali, in uno scambio continuo tra valori strutturali e percezioni virtuali, processi fisici e mentali tenuti sempre sul filo della leggerezza. I cicli di ricerca (2007-2014) si collegano spontaneamente tra di loro come una costellazione d’immagini in cui s‘incontrano i caratteri persistenti dell’immaginario di Valdi: simmetrie infrante, torsioni in bilico, sconfinamenti lineari, impronte modulari, e ogni altra tentazione di inglobare architetture interiori e astrazioni spaziali. In questa dimensione polivalente spazio nascono inquiete tensioni mentali, cresce il conflitto tra emozione e razionalità, si avvertono possibilità sensoriali intrinseche alla luce che si rivela e -al tempo stesso- si trasforma in energia mentale proiettata altrove. Siamo in presenza di un’aspirazione a esprimere l’esserci della scultura come potenzialità di luoghi reali e virtuali, dimensione fenomenica di forme astratte e concrete, esplorate con passione per cogliere l’essenza dei valori costruttivi inusitati. Ed è proprio con quest’ansia di invenzioni spaziali che Valdi Spagnulo sta sviluppando la sua avventura creativa, interrogando i materiali e le tecniche, sperimentando le forme più appropriate per esprimere una verità immaginativa fatta non di soluzioni compiute ma di sguardi sospesi sul confine di molteplici sensi.”
C. Cerritelli
La Galleria PARAVENTI GIAPPONESI – GALLERIA NOBILI
OMBRA - KAGE - 影
6 novembre – 4 dicembre 2014
inaugurazione giovedì 6 novembre ore 18.30
a cura di
Matteo Galbiati e Raffaella Nobili
opere di Pietro Coletta, Marco Grimaldi, Asako Hishiki, Fukushi Ito, Takimoto Mitsukuni,
Ayako Nakamiya, Patrizia Novello, Pietro Pasquali, Valdi Spagnulo
La Galleria Paraventi Giapponesi- Galleria Nobili ha il piacere di presentare a Milano OMBRA | KAGE | 影 , mostra liberamente ispirata a Il Libro d’ombra (陰翳礼讃), saggio sull’estetica del quotidiano, scritto da Tanizaki Juni’chiro e pubblicato in Giappone nel 1933.
La collettiva proposta di artisti giapponesi e italiani è stata realizzata grazie al supporto e contributo del Comune di Fortunago e dell’associazione Fortunagoinarte e, concepita per essere sviluppata a tappe, il primo appuntamento si è svolto lo scorso mese di agosto presso gli spazi della sala consigliare del borgo medioevale, un luogo di incontri e mostre d’arte che vanta una storia espositiva ventennale e che ha visto avvicendarsi alcuni trai i protagonisti maggiori dell’arte contemporanea.
La seconda tappa, che prevede un nuovo allestimento presso la Galleria Nobili, aprirà il prossimo 6 novembre 2014 con l’inedita presenza di alcune opere degli artisti presenti nella prima fase e l’inserimento dello scultore Takimoto Mitsukuni.
Tanizaki scrive Il libro d’ombra nel 1933, periodo in cui la società tradizionale giapponese stava mutando notevolmente sotto l’influsso di modelli estetici occidentali, ravvisabili nella nuova e cangiante fisionomia urbana. L’irruzione della luce elettrica, a discapito di sistemi di illuminazione più desueti, cambia inevitabilmente l’impressione del mondo cui l’autore è uso. Il rapporto tra la percezione di luce e ombra in Occidente ed Oriente è il pretesto usato da Tanizaki per indagare i cambiamenti in corso. La luce moderna è sentita come accecante rispetto alla penombra degli interni tradizionali giapponesi, dove i materiali e gli oggetti tipici di uso quotidiano quali paraventi in foglia d’oro, ceramiche vissute e cristalli resi opachi dal tempo, vibrano e sono nobilitati da diversi toni e gradi d’ombra.
Quanto gli occidentali cercano luce e chiarezza privilegiando la vista come senso cardine, così gli orientali sviluppano nelle arti e nella letteratura una forte propensione all’ombra, cui è strettamente connesso il concetto di sabi.
Il wabi sabi, 侘寂, è un valore estetico giapponese basato sull’accettazione della transitorietà delle cose secondo la dottrina buddhista di Antiya. Traducibile con bellezza imperfetta è riferibile a quegli oggetti, naturali o artificiali, capaci di evocare in noi una sensazione di serena malinconia.
Wabi è la semplicità rustica e sabi la bellezza o serenità che proviene dalla consapevolezza del trascorrere del tempo: così la vita umana e degli oggetti è evidenziata dalla patina, dall’usura, da difetti ed eventuali imperfezioni.
La mostra presentata si ispira fortemente al testo di Tanizaki osservando come l’ombra, diventi mezzo per cui è possibile il recupero e l’esercizio amplificato di tutti i sensi e non solo della vista. Ombra che non si manifesta come oscurità e buio solamente, ma anche attraverso un altro modo di intuire e percepire il colore.
Data la natura itinerante del progetto, la mostra presenta, in ogni occasione di allestimento, una progettazione adeguata e specificatamente pensata per i luoghi prescelti: a Fortunago, antico borgo medioevale in cui il ritmo di vita più lento rispetto alla città favorisce un’attenzione differente, gli spazi non convenzionali a disposizione hanno permesso di esperire le opere con ideali condizioni e giusto tempo. La scelta prevalente ha riguardato opere di scultori che hanno permesso di rivolgersi all’oggetto nello spazio e di aprire una relazione stretta tra la sua corporeità fisica e l’incorporeità cangiante della sua ombra che, per le peculiari condizioni di luce, poteva evolvere e cambiare durante l’arco della giornata. Il cambiamento della percezione nell’osservatore apriva un rapporto con la dimensione del tempo, e le influenze delle diverse condizioni di luce date dal passaggio dei giorni e delle stagioni differenti.
Negli spazi della galleria a Milano le condizioni saranno nuovamente diverse e suggeriranno livelli inediti di lettura delle opere proposte, insistendo e accentuando la riflessione su Tanizaki da cui tutto ha avuto origine.
con il Patrocinio della Provincia di Pavia e di I Borghi più Belli d’Italia
con il Patrocinio e il contributo di Comune di Fortunago
organizzazione e coordinamento Fortunagoinarte
con il supporto di Michele Perego personal promoter San Paolo Invest e Paraventi Giapponesi – Galleria Nobili
Per informazioni e richiesta immagini ad esclusivo uso stampa contattare:
inaugurazione: sabato 3 maggio – ore 18,30 La mostra pensata appositamente per questo spazio espositivo, dallo scultore Valdi Spagnulo, racconta l’escursus della recente poetica dell’artista di origine pugliese che dal 1973 vive a Milano. Scrive il curatore della mostra Claudio Cerritelli: “Questa mostra oscilla tra passato e presente ripercorrendo circa 7 anni di lavoro di Valdi Spagnulo attraverso cicli di opere che trasformano il luogo espositivo in un teatro di percezioni visive e tattili. L’ambiente è attraversato dagli stati pulsionali dei materiali, concatenazioni di opere bilanciate su opposte qualità, dinamismi plastici modulati nella fermezza del metallo e lievi cromatismi depositati nella trasparenza del plexiglas. Valdi sviluppa il suo racconto polisensoriale cercando respiri dilatati, percezioni instabili del vuoto, vibrazioni aeree sospinte oltre i limiti del reale, prossime a quella vastità imponderabile cui aspira lo scultore mentre costruisce e trasforma i materiali scelti con ostinata accuratezza. Lo spettatore ha il compito di entrare nelle soglie abbagliate dal bianco totale e di ammirare le geometrie disseminate nello spazio, dialogando con metamorfosi di forme reversibili e con schermi di immaginarie galassie, fino a captare i mutevoli riverberi che modificano i confini prestabiliti. Nel percorso espositivo le opere si presentano nella dimensione irripetibile di nuove relazioni, partecipano a un’istallazione totale giocata sulle consonanze dei materiali, in uno scambio continuo tra valori strutturali e percezioni virtuali, processi fisici e mentali tenuti sempre sul filo della leggerezza. I cicli di ricerca (2007-2014) si collegano spontaneamente tra di loro come una costellazione d’immagini in cui s‘incontrano i caratteri persistenti dell’immaginario di Valdi: simmetrie infrante, torsioni in bilico, sconfinamenti lineari, impronte modulari, e ogni altra tentazione di inglobare architetture interiori e astrazioni spaziali. In questa dimensione polivalente spazio nascono inquiete tensioni mentali, cresce il conflitto tra emozione e razionalità, si avvertono possibilità sensoriali intrinseche alla luce che si rivela e -al tempo stesso- si trasforma in energia mentale proiettata altrove. Siamo in presenza di un’aspirazione a esprimere l’esserci della scultura come potenzialità di luoghi reali e virtuali, dimensione fenomenica di forme astratte e concrete, esplorate con passione per cogliere l’essenza dei valori costruttivi inusitati. Ed è proprio con quest’ansia di invenzioni spaziali che Valdi Spagnulo sta sviluppando la sua avventura creativa, interrogando i materiali e le tecniche, sperimentando le forme più appropriate per esprimere una verità immaginativa fatta non di soluzioni compiute ma di sguardi sospesi sul confine di molteplici sensi.”
SCARICA IL COMUNICATO Valdi Spagnulo, Sguardi Sospesi, Broletto
Asimmetrie – pieghe – torsioni
Cavenaghi Arte, Milano
A terra e a parete
“ Si può “occupare” intelligentemente un pavimento o, differentemente, una porzione di parete se la logica costruttiva dell’intervento risulta in qualche modo “a monte” della sua definitiva realizzazione, se cioè gli strumenti espressivi a disposizione possono agilmente passare dal tutto tondo della scultura all’aggetto del rilievo a muro: la riflessione d’esordio tende a leggere le opere in campo come fortemente legate alla loro destinazione ma, contemporaneamente, disciplinate da un modo originale con cui concepire l’opera plastica…
…Il fortunato rompere distinzioni e regole, classificazioni e categorie, che è eredità spesso dimenticata del nostro recente passato, permette l’attuale avventura intorno alla forma, intorno al volume, in una selezione di materiali espressivi, dal ferro al plexiglass, due presenze difformi per origine e per valore percettivo, che non seguono alcuna inclinazione al valore contraffattivo, rappresentativo dello strumento adottato; piuttosto, all’opposto, l’adozione del singolo materiale dipende dalla sua “qualità” tanto fisica quanto percettiva. Allora trasparente, opaco, levigato, usurato, specchiante sono i diversi segnali di scambio proposti: vi è comunque un ulteriore punto di contatto fra opera e osservatore, o meglio fra agire dell’autore e la nostra lettura: i bordi del metallo come del plexiglass sono variamente segnati da tacche, da tracce che alludono a una, sia pure approssimativa, unità di misura con cui determinare le coordinate elementari con cui interpretare la fisionomia dell’oggetto.
Valdi in altri termini mi sembra cerchi di coniugare una certa “idea” di ingombro di uno spazio – la collocazione a terra o a parete, le stesse dimensioni dell’intervento sono elementi determinanti perché capaci di coinvolgere l’ambiente come il nostro percepire l’opera – con una altrettanto determinante figura per così dire “ideale”, archetipica; infine, elemento già sottolineato ma da ricordare, con gli esiti percettivi diversi che i materiali impiegati determinano.
In gioco, costantemente, la definizione di un perimetro, i cui contorni possono a loro volta svolgere il ruolo di protagonisti, e un “avvenimento” – Carlo Nangeroni parlava in anni lontani di un “incidente” rispetto alla regola – realizzato spesso con materiale trasparente rispetto all’opacità della struttura portante, che sembra rimettere in discussione, pur nella sua ridotta dimensione, l’equilibrio dell’intera costruzione: la sua ampiezza può essere variabile come il modo con cui si relaziona con la figura perimetrale. Estraneo o partecipe del linguaggio, connesso o quasi giustapposto, a significare l’uscita dai confini, comunque la messa in discussione della loro impermeabilità. Ma, come si è detto, anche i “margini” soffrono di interrogativi altrettanto fondanti.
Il titolo stesso, scelto dall’artista per questa occasione espositiva che ho immediatamente accettato, Asimmetrie – pieghe – torsioni, parla di un agire su un prima – che sia idea, figura o materiale non importa – e un dopo, che vuol dire un agire sull’uno e l’altro ambito del discorso, modificando un dato di partenza di cui non si perde la memoria: l’aspetto intrigante del lavoro è proprio questa volontà di mantenere evidente il “luogo” origine della figura perché più evidente e comprensibile risulti l’agire e il cambiamento risultante.
Una parabola sul fare, anche alle soglie della metamorfosi, che non ha nulla di magico perché la trasformazione viene seguita passo dopo passo: lo stesso variare all’interno della singola opera di esiti diversi è segnale di questo processo che si vuole mettere in evidenza. Si tratta di un recupero di una trasparenza fra ideare e realizzare l’artefatto certamente in contrasto con una sensibilità attuale, più incline all’ineffabile, alla sorpresa o all’incognita: il lavoro di Valdi segue, diversamente, il percorso di un dialogo fra materiali scelti, la loro manipolazione e la nostra capacità di leggere l’uno e l’altro aspetto come osservatori “sullo stesso piano” di chi realizza l’oggetto.
Un interrogativo sul recinto, sulla sua fisionomia, sulla definizione di un’area capace di contenere vuoto e pieno nella lettura frontale come nel volume, ma anche sulla figura che viene inclusa in esso: gli interrogativi sono interessanti proprio perché emancipano dall’abitudine, dal consueto, non solo nel mondo delle arti figurative.
”
A.Veca
Lembo di cielo
Galleria Milly Pozzi Arte Contemporanea,Como
VALDI SPAGNULO. LA SIMULAZIONE DELLA MATERIA
Nell’irregolarità e nella precarietà delle strutture, le sculture di Valdi Spagnulo si costruiscono nello spazio dando corpo a un segno quasi pittorico. Come disegnate nello spazio, i tondini e le barre di ferro e acciaio piegate e saldate interagiscono con frammenti di plexiglas dalle forme irregolari creando strutture che sfidano la forza di gravità e la geometria euclidea. Tutto si gioca sull’inganno visivo che nasce dall’equilibrio tra i materiali, le forme e la collocazione nello spazio.
Il vuoto entra nell’opera come “materia” che attraversa le forme e definisce gli spazi. Tale aspetto è evidente nell’uso del plexiglas che con la sua trasparenza alleggerisce la scultura e allo stesso tempo si rende superficie sulla quale è ancora possibile incontrare il segno “pittorico”. Spagnulo infatti lavora con la fresa e la grafite la superficie segnandola e sottolineandola più opaca. La luce, penetrando attraverso il plexiglas trasparente, conferisce nell’irregolarità di tagli e scheggiature effetti particolari di luminosità. Anche le parti in metallo sono del resto spazi ricettivi di luce proprio attraverso la particolare lavorazione della superficie con la fresa alternando parti segnate o graffiate a parti estremamente lucide e riflettenti.
L’opera si rende così “campo” sul quale la luce agisce come forza espressiva e vibrante. La lavorazione dei materiali (piegatura, colore, fresatura) è il mezzo per giocare con l’inganno, visivo e mentale, dell’opera d’arte. Spagnulo mostra in tal senso di avere assimilato le ricerche minimaliste e più concettuali della scultura contemporanea. Senza lasciarsene coinvolgere, però, e inserendosi piuttosto nella direzione critico-ironica tracciata da Pascali.
La simulazione, che si manifesta nell’oscillazione visiva e interpretativa tra peso e leggerezza e allo stesso tempo tra forma astratta e narrazione, è infatti uno degli aspetti peculiari dell’opera di Spagnulo. E’ sempre possibile infatti cogliere nelle sue sculture il riferimento a un oggetto, un luogo, una situazione come ad esempio Un lembo di cielo composta di una duplice struttura “legata” da un ideale nodo formato da un tondino in ferro. Le opere più piccole, che Spagnulo chiama “Disegni” e “Progetti per scultura”, ma in realtà sono lavori spesso autonomi, inoltre, sono dei veri e propri giochi di dissimulazione dei materiali, a partire dal cartoncino che fa da supporto alla struttura, trattato con la grafite a simulare il metallo.
L’altro aspetto mentale, e molto attuale, che emerge nel suo lavoro sta nell’irregolarità della struttura formata da piegature e incastri che ne sottolineano la precarietà statica come in Architettura su di noi il cielo o in Portale. Questi disegni nell’aria che descrivono tracce aggettando a volte dalle pareti cui poggiano, altre dal pavimento nello spazio sono teoremi, risoluzioni di principi gravitazionali, che si propongono di manifestare i meccanismi di statica e di equilibrio architettonico, ma anche soglie sulla dimensione più nascosta e più vera dell’esistenza. Le strutture, rese precarie proprio dall’uso di materiali e forme imperfette, diventano infatti metafora della precarietà, ma allo stesso tempo dell’equilibrio dell’esistenza, dell’estrema delicatezza di ogni momento, di ogni azione, di ogni fragilità, come del respiro della natura e delle sue logiche. Per poter così godere, con l’aiuto dell’arte, della grandezza del cielo che sta “sopra” l’architettura e sopra di noi.
E. Di Raddo
Parvenze di precarietà
Galleria Arte + arte contemporanea,Varese
ARTICOLAZIONI SPAZIALI DI VALDI SPAGNULO
“…La piegatura a freddo, a sola forza di braccia e senza esitazioni né ritorni, delle fini cornici metalliche di ferro o d’acciaio, dimostra una sensibilità tattile per l’armonia dell’angolo e della curva che non sarebbe stato possibile delegare a nessuna tecnica di forgiatura più elaborata e a nessuno strumento meccanico. La partita della resistenza della barra, del peso e della trazione della leva si gioca tutto tra la stretta del palmo e quella di una semplice morsa da banco.
Sulla parete la loro linea spezzata circoscrive, senza racchiuderla in sé, un’area, proiettandosi con discrezione e leggerezza nell’ambiente e indicando così l’illusione di una soglia attraverso la quale la porzione di spazio, virtuale, interna all’opera e lo spazio, reale, in cui lo spettatore si muove possano coincidere e, contrapponendosi, identificarsi….. Da una parte possiamo individuare la linea d’una rinnovata scultura d’assemblaggio di matrice post-dadaista….. Sul versante opposto è altresì riconoscibile l’indirizzo d’un raffinato esercizio grafico d’impronta neo-concettuale….. questa duplice polarizzazione del lavoro di V.Spagnulo non costituisce per lui un limite né una dispersione di forze. Al contrario, gli permette di esercitare, spingendolo fino in fondo, un approfondimento analitico che è di per sé autonomo tanto dal materismo informale quanto dal concettualismo (o dal poverismo) rigorosamente intesi, poiché mantiene le proprie radici strettamente appigliate alla dimensione più immediata del fare e alla comprensione piena dei valori espressivi e formali della materia.
Non è un caso che in questa mostra le sculture metalliche lineari che hanno caratterizzato la produzione di Spagnulo negli ultimi anni tornino ad essere affiancate da una nuova esperienza bidimensionale….. quelli che lo scultore chiama disegni o progetti, ma che sono, assai più propriamente, da definirsi opere autonome, di piccole medie dimensioni, in cui la medesima tensione spaziale e ambientale delle sculture maggiori è declinata, quasi in riduzione scalare, nella facilità di impiego e di sperimentazione del cartone, delle colle, della grafite e dell’acrilico. Si tratta di un fare in senso proprio compendiario…”
G.Zanchetti
1° Premio di pittura
Accademia Nazionale di S.Luca, Roma
SIMMETRIE E ASIMMETRIE
…SPAZIO, TEMPO, LUCE gli elementi del mio operare.
Questa affermazione chiudeva un breve testo che delineava le tracce sostan-
ziali della ricerca intorno alla quale si muove il mio più recente lavoro.
Le opere quali Architetture, di originaria struttura simmetrica e rigida come
riferimento a ciò che è apparente storia urbana, si pongono rispetto al reale in
modo asimmetrico e sfasato.
Fuoriuscendo dalla parete, creano ritmi e spazi vuoti vissuti come valori strutturali dell’assenza.
Assenza di materia, forme e segni già ossessivi e reiterati ove presenti; ove
paritetici a sinòpie scandiscono misure e tracciano immagini liriche.
Concave-convesse, rette-piegate, integre-rotte, presenti-assenti queste Architetture asimmetriche si fanno portatrici di un tempo e di luoghi immaginari.
A volte “presenze” assolute ma, nel contempo, “anime” fragili e labili.
V.Spagnulo
Decantazione lirica
Spazio Cesare da Sesto, Sesto Calende (VA)
LA PRESENZA ATTIVA DELL’ASSENZA
“…V.Spagnulo ha affrontato il problema senza scavalcarlo, cercando di saggiare le possibilità di una “scultura” che ci sia contemporanea muovendo dalla frattura veramente epocale dell’informale. Ed è pertinentemente partito dal nodo da quella evidenziato – nella pittura, come, però quantitativamente in misura più ridotta, nella scultura – di una formatività che la materia, e il rapporto diretto con essa, non coarti.
Opportunamente F.Poli, cui si deve uno degli inerventi critici puntuali sul nostro artista, punta, per individuare dei precedenti attendibili, su Burri e Tapies, “che per alcuni versi possono essere stati utili per Spagnulo, non dal punto di vista stilistico, ma proprio per la loro concezione della materia e per la volontà di trovare la forma dentro quest’ultima,
senza imposizioni progettuali troppo forzate”….. Credo anch’io alla preminenza, in Spagnulo, di un registro mentale. Non sono invece certo dell’importanza, in siffatta direzione, dell’esempio concettuale, che di fatto conduceva a tutt’altre direzioni, come del resto l’arte povera e il minimalismo, con i quali penso che Valdi non abbia nulla a che spartire. Vedo piuttosto il lavoro dominato, rigoroso, decantato del primo Spagnulo entro coordinate pre-concettuali, verso la verifica, innevata di razionalità, dei valori denotativi e connotativi della scultura e della pittura. Puntando sulla superficie, per saggiare analogie e differenze, l’artista giunge in tal modo presto a individuare il significato e le qualità dell’interruzione della continuità del piano, del quadro proprio, nel realizzare un rapporto meno illusionistico, meno rappresentativo con lo spazio ambientale, riconosciuto invece come fattore fondamentale della scultura. Che gradual-mente diviene il suo vero punto di riferimento, il suo vero oggetto…”
L.Caramel
SEGNI E OMBRE NELLO SPAZIO LABILE
“…Nei nuovi lavori di V.Spagnulo la relazione con lo spazio che sta “dentro” la scultura si gioca quasi esclusivamente tra forma positiva e forma negativa. Già nella serie precedente dei dittici si avvertiva la tensione, sentita come necessità, di far coesistere l’immagine e il suo doppio. E già si avvertiva la spinta dei materiali in rilievo dalla superficie verso l’esterno – allora erano piombo, rame, carta, carta vetrata, cera legno feltro, fili e lastre di ferro manipolati e trasformati – coi quali Valdi procedeva alla sperimentazione dello spazio reale per andare oltre e superarlo….. Gli stessi materiali
- in prevalenza plexiglas, carta, ferro e piombo – concorrono nel processo di creazione di un’immagine eterea, dove la luminosità e la chiarezza, rispetto al passato, colpiscono tanto quanto il vuoto che vive tra l’opera e la parete sulla quale è collocata….. V.Spagnulo ha soppesato questa ricerca, a dispetto della totale mancanza di progettualità, come vedremo, con pause più o meno desiderate o cercate, dovute piuttosto alla quotidianità, ai problemi che essa riserva e alla capacità di ognuno di noi di cogliervi arricchimento e forza interiore. Attese rispetto a un lavoro che cerca e che trova in tempi propri una via autonoma d’espressione, una musicalità, un ritmo, in cui lo spazio, i pesi, le misure e la luce vengono scanditi in un’interazione doppia e tripla dell’immagine. A ben vedere è un procedimento di lettura che sfiora la fenomenologia dello sguardo e della forma nel suo farsi, senza, però, gli schemi rigorosi a cui tale disciplina rimanda (si vedano “L’elefante” e il dittico dove i segni sembrano aver creato due “pipe”)….. Entra in gioco un processo di decantazione, necessario per liberare il lavoro da ogni tipo di rapporto dialettico o contraddittorio, per arrivare all’armonia, basata sulla diversità molecolare dei materiali trattati. E’ un relazionarsi al reale in modo asimmetrico e sfasato…”
R.Ferrario